Ché a essere nazi-tutto si fa peccato

Il 25 Marzo, giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, ho sentito da più fonti, anche autorevoli, alcune inesattezze, sulla giornata del #dantedì, che mi hanno creato una sorta di scompenso mentale e cardiaco allo stesso tempo. Una sensazione di sconforto e rassegnazione mista a mancamento fisico.

Insomma, mi è venuto da piangere.

Ma forte.

Uno sfogo per la rabbia e il disagio provati nel sentire quelle inesattezze. E non per le inesattezze in sé – ché, insomma, ad essere nazi-tutto si fa peccato -, quanto per la consapevolezza acquisita, in modo sempre più convinto, che chi ha autorevolezza di parola – dunque parla ad un pubblico potenzialmente ampio e che si affida a quelle voci per avere INFORMAZIONI -, spesso e volentieri si informa in maniera molto sommaria su ciò che dice e lo fa senza preoccuparsi delle responsabilità che si assume, men che meno delle conseguenze, forse perché, in effetti, di responsabilità non se ne sta assumendo.

.

Le inesattezze in questione, quelle che riguardano il #dantedì, non sono poi a così alto rischio di responsabilità, ma diventano un modo per riflettere su quanto quello dell’Informazione sia davvero un mondo a cui affidarsi in maniera totale e univoca.

Perché, mi chiedo: ma se su una notizia così “banale”, se vogliamo, sulla quale chiunque può reperire informazioni solo googlando la parola Dantedì, si arriva a dare notizie imprecise, immagino rotolate da un orecchio all’altro grazie al “sentito dire” senza approfondimento di sorta, senza crearsi alcun problema, non oso pensare sul resto, laddove gli approfondimenti sono di difficile reperimento, cosa accade veramente.

Nb: L’inesattezza della notizia è: 25 Marzo 2021, 700 anni dalla morte di Dante.

No.

L’informazione corretta è: 2021 è l’anno in cui ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante, avvenuta il 14 settembre 1321.

25 Marzo – giorno in cui ricorre il #dantedì, giornata dedicata a Dante Alighieri, la cui data viene scelta perché ritenuta la più plausibile per l’inizio del viaggio raccontato ne “La divina Commedia”: 25 Marzo 1300.

Alcune riflessioni sull’informazione/disinformazione.

Tutti dicono tutto e ognuno dice il contrario di ogni cosa.

Viviamo nell’era dell’informazione che è essa stessa disinformazione: (dis)informazione veicolata, (dis)informazione disinibita, (dis)informazione che diventa salvezza e peccato al tempo stesso, bene e male, guerra e pace.

C’è un concetto che mi piace molto, e di cui ho fatto un po’ il mio credo,  che dice: “in medio stat virtus”. E quel “medio” non fa il paio con l’accidia o la benevolenza, ma con l’onestà intellettuale e il pensiero critico, quelle chimere  così lontane da sembrare quasi finite in un incubo da cui non si riesce più a svegliarsi.

È il contrario dell’”Ipse dixit”, che non si pone domande, ma asseconda sentenze, a prescindere.

Non ci sono più voci a cui affidarsi, perché ogni voce “autorevole” mette in campo prima i propri interessi; non esiste più informazione limpida e pulita, perché ogni fonte ha il suo amico da proteggere o la sua “sediolina” da mantenere; non c’è più informazione, ma solo manipolazioni tutt’altro che spicciole, che tengono in piedi teorie ben studiate, complottismi, aggressioni populiste, declamazioni che rammentano regimi dittatoriali.

Non ci sono più voci, ma solo, ormai, un vociare continuo che è diventato afasía: niente più ha la forza di diventare parola a cui affidarsi, ma solo pensieri di cui dubitare, nei quali scavare per cercare lo sporco, dei quali diffidare perché qualcuno li ha instradati secondo il proprio sentire.

E in questo marasma ci siamo noi che, nonostante gli sforzi per rimanere informati, ci sentiamo sempre più spaesati e appesi ad una sorta di sospensione del presente: che rinnega continuamente ogni passo fatto in avanti e ci ributta in un infinito tornare indietro.

 

Add a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *